INQUIETANTI INTERROGATIVI
Dal secolo scorso, da quando cioè sono state intraprese ricerche archeologiche su basi scientifiche, studiosi di fama internazionale si sono spesso trovati di fronte ad inquietanti interrogativi: miti, religioni, scritture e costruzioni inverosimilmente appartenenti ad un medesimo ceppo, sono comuni sia in Mongolia che in India, in cina, in Egitto e nell' America precolombiana. La prima piramide egiziana, quella del Faraone Djoser, è a gradini, esattamente come quelle asiatiche ed americane; vasi cinesi simili a quelli delle più antiche dinastie riproducono ornamenti e simboli analoghi a quelli che decoravano il vasellame pre-Maya, mentre gli stessi diademi di penne, che vengono considerati propri dei Pellerossa d' America, erano portati dagli Egizi delle prime epoche.
Un grande studioso italiano, Egisto Roggero, nella sua opera "Il Mare" ha raccolto dati etnologici importantissimi. nel corso dei suoi viaggi ha potuto stabilire che tra le popolazioni delle Isole della Sonda, del Borneo, delle Molucche e delle Filippine, ne vive una di razza decisamente ariana. "E' la grande razza oceanica - scrive il Roggero - un grande popolo antico la cui storia ci è ignota. Sono forse i discendenti di un grande continente sfasciato i cui resti sarebbero questi atolli polinesiani? Molte circostanze potrebbero farlo supporre: Basterebbe questa: che lo stesso tipo di fisionomia di questi gruppi di isolani, come pure i loro idiomi, non differiscono che per gradazione di figura e di dialetti a distanza di centinaia e migliaia di chilometri: dall' America settentrionale alle spiaggie dell' Asia!"
La risposta a molti di questi interrogativi la dette, nel 1868 un colonnello inglese, James Churchward. Incaricato dal suo governo di presiedere alla distribuzione di viveri alla popolazione indiana, il Colonnello aveva trovato alloggio presso un Convento-Seminario buddista, ed essendo un appassionato studioso di religioni antiche, trascorreva le sue ore libere a discutere con i più saggi Monaci del monastero. Visitando i ruderi di un antico tempio, notò alcuni strani bassorilievi che non seppe, da solo, classificare. Un alto sacerdote, al quale si era rivolto, gli spiegò che gli autori delle sculture erano i "Naacals" (Grandi Fratelli), venuti in tempi remoti ad insegnare ed a propagandare la civiltà di Mu, la "Terra Madre". Secondo il monaco, infatti, tutte le più antiche civiltà del mondo, l' Egizia, la Fenicia, la Babilonese, la Caldea, la Cinese e l' Indù si erano formate grazie agli insegnamenti ed all' influsso della cultura di Mu. La scrittura stessa era uguale per tutti i popoli, ed a conferma di ciò, rivelò che i "Grandi Fratelli" avevano lasciato delle tavolette stilate nella prima lingua dell' umanità. Esse venivano conservate, come preziose reliquie, nei sotterranei segreti del convento.
Churchward, spinto da crescente curiosità, dopo infinite insistenze riuscì a vedere queste tavolette, e con l' aiuto del sapientissimo sacerdote, a decifrarle. Esse riportavano la storia della creazione della Terra, la successiva comparsa dell' uomo, il crescere ed il fiorire della civiltà di Mu, che non era solo un Regno, ma un vasto continente che doveva occupare gran parte dell' Oceano Pacifico. Il racconto si interrompeva bruscamente e ciò lasciava supporre che esistessero altre tavolette che dovevano completarlo. Nessuno dei monaci potè far altro per Churchward, se non indirizzarlo presso tutti i monasteri buddisti dell' India, che il Colonnello visitò uno per uno, senza però ottenere alcun risultato.
Per aver maggior tempo a disposizione, lasciò il servizio militare e proseguì le ricerche includendo nel suo itinerario tutte le terre tutt' ora esistenti che potevano aver fatto parte dell' impero di Mu: le isole del Pacifico del Sud, l' Asia centrale, la Nuova Zelanda ed il Tibet. Nel Tibet, solo a Lhasa, la sede del Dalai-Lama, solo nel più grande ed antico Monastero Buddista, potevano essere conservate le introvabili tavolette. Ma dal 1745 era stato vietato, con leggi severissime, l' ingresso a Lhasa a viaggiatori stranieri. Ancora una volta le lettere di raccomandazione degli amici monaci indiani gli aprirono le porte della "Città Proibita".
La sua costanza e la sua fede furono premiate: a Lhasa trovò le favolose tavolette. La storia adesso era completa.